Salute e radiofrequenze, quali connessioni?

Salute e radiofrequenze, quali connessioni?

Campi elettromagnetici a radiofrequenza

Salute ed esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza usati dalla telefonia mobile

Torniamo ad affrontare su Salute Plus il tema sulle connessioni tra salute ed esposizione a campi elettromagnetici. Negli ultimi mesi infatti, il governo italiano ha realizzato una bozza di decreto legge in cui è proposto l’innalzamento del valore di attenzione, attualmente a 6 V/m. 

In Italia il problema dell’esposizione verso i campi elettromagnetici a radiofrequenza utilizzati dalla telefonia mobile è sempre più di attualità. A questo riguardo, una serie di associazioni quali A.P.P.L.E. (Associazione Per la Prevenzione e la Lotta all’Elettrosmog), ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente), A.I.E. (Associazione Italiana Elettrosensibili) e A.M.I.C.A. (Associazione Malattie da Intossicazione Cronica e Ambientale) si sono unite per una maggiore tutela della salute pubblica chiedendo alle istituzioni di salvaguardare i limiti attualmente in vigore per ciò che riguarda l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenze (CEM-RF) usati dalla telefonia mobile.

Le istituzioni hanno creato una bozza di un decreto basato sui dati della Ong ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection) che si impegna per fornire analisi legati agli effetti delle radiofrequenze sulla salute. Quello che viene contestato dalle citate associazioni è quanto questi dati considerino solo gli effetti termici delle radiofrequenze, ignorando invece gli effetti non termici dati da esposizioni di lunga durata con un’intensità bassa e costante.

Recentemente la prestigiosa rivista IEEE Microwave Magazine ha pubblicato l’articolo del professor dell’Università dell’Illinois, James Lin denominato “RF Health Safety Limits and Recommendations”. In questo approfondimento è evidenziato come i limiti di esposizione fissati da FCC (Federal Commission for Communication Usa), da ICNIRP e da ICES (International Commission on Electromagnetic Safety) “non proteggono adeguatamente bambini, lavoratori e pubblico, dalle esposizioni alle radiazioni a radiofrequenza, e tantomeno persone con sensibilità alle radiazioni elettromagnetiche provenienti da dispositivi e sistemi wireless. Inoltre non tutelano dalle radiazioni delle comunicazioni mobili 5G, sulle quali non vi sono studi attendibili in letteratura”.

Perché far riferimento a questo articolo? Sicuramente per il valore prestigioso che ha quest’associazione. L’IEEE è la più grande associazione tecnica professionale internazionale, dedicata al progresso della tecnologia a beneficio dell’umanità. 

Ciò che emerge dalle richieste presentate da queste associazioni è come vi siano dati ed evidenze scientifiche che testimoniano come:

  • Tumori
  • Malattie neurodegenerative
  • Deficit di attenzione e memoria
  • Elettrosensibilità
  • Disturbi cardiocircolatori
  • Danni alla fertilità maschile e femminile
  • Danni al DNA

siano alcuni degli effetti correlati all’esposizione ai campi elettromagnetici artificiali utilizzati dalla tecnologia wireless.

Esporsi quindi oltre questi limiti, come previsto dalla bozza del decreto legge, porterebbe ad un ulteriore incremento di problematiche di salute per la popolazione. 

Siamo sempre più di fronte ad una progressiva crescita tecnologica globale che porta con sé da un lato soddisfazioni – soprattutto per chi opera nei settori più tech – ma dall’altro anche una crescita di problematiche di salute. È sempre più necessario prendere in considerazione a 360° queste azioni e valutare i rischi per la salute che ne conseguono, soprattutto per quei soggetti deboli. Bisogna mettere al centro dei bisogni i bambini, gli adolescenti e le persone fragili per tutelare la loro condizione di salute e non incentivare. 

Quando il nostro governo realizzerà la gravità della situazione per la salute delle persone? Sarebbe opportuno cominciare a guardare a quei paesi che hanno già compreso l’entità del problema e stanno agendo per mettere al primo posto l’individuo al posto degli interessi economici e produttivi del paese, come ad esempio ha fatto la Svizzera. 

La domanda che ci si pone ora è: 

Fino a che punto siamo disposti a spingerci? Quanto tempo passerà prima che la popolazione si renda conto del problema? 

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